Tito Marrone e il teatro

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Tito Marrone e il teatroNel volume, oltre alla esemplare traduzione di Francesco Vivona del quinto libro dell’Eneide che Virgilio ambientò a Drepano, odierna Trapani, ove venne sepolto Anchise, padre di Enea, sono presenti, come in una suggestiva e rara antologia, altrettanti pezzi di vari autori che si soffermano sulle solenni gare promosse da Enea nell’area interessata oggi dal costituendo Parco Virgiliano. Qui sorge una stele, nella cui base, come in un cenotafio, si immaginano custodite le ceneri di Anchise ai piedi del tempio della Venere Ericina, che dell’eroe troiano era stata la divina sposa. Autori delle diverse parti del libro sono Renzo Vento, Francesco Vivona, Ettore Paratore, Nicola Lamia, Giuseppe Linares, Salvatore Catalano, Melchiorre Sanci, Giuseppe Marrocco, G. G. Favara ed Ettore Romagnoli. 
Di particolare interesse il contributo del prof. Nicola Lamia su la “bella infedele” e la “bella fedele”, in cui egli mette a confronto la traduzione bella ma infedele dell’Eneide fatta da Annibal Caro con la traduzione bella e fedele al testo latino fatta da Francesco Vivona. Il prof. Lamia riporta alcuni passi dei due autori e perviene alla conclusione che la versione del Vivona è senz’altro da preferirsi alla prima.
Nel volume le pagine 41-60 ospitano lo stupendo saggio di Francesco Vivona dal titolo “Anima virgiliana”, elaborato nel 1930 in occasione del bimillenario della nascita di Virgilio. La vecchia edizione di tale fondamentale opera di critica letteraria era ormai introvabile ed è questo il motivo della sua riproduzione autorizzata dal nipote dell’umanista dott. Pietro Vivona anche per conto degli altri legittimi eredi.
Il prof. Ettore Paratore racconta il suo primo incontro a Roma con Francesco Vivona, incontro che egli ritiene determinante per la sua formazione e il suo successivo magistero. Il prof. Paratore, come è noto, è stato il maggiore latinista italiano del XX secolo. E Paratore così scrive fra l’altro con riferimento alla memoria del proprio Maestro: «Il fascino che se ne sprigiona è tanto più eloquente in quanto è contenuto in massima parte nella lezione perenne di humanitas che la sua figura ci ha sempre prodigata, a provarci che il culto delle lettere classiche non è congelamento in anticaglie inespressive, ma stimolo incomparabile alla conquista dei più alti valori umani».



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