Il tesoretto di Selinunte

di Giuseppe Stabile
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moneta greca da SelinunteLa monetazione selinuntina comincia nel VI sec. a.C.: la città appartiene all’area del didramma (Selinunte, Agrigento, Gela e Camarina).
Le monete presentano al dritto il parasemon della città: la foglia dell’apio selvatico (selinos) con almeno tre lobi, al rovescio un quadrato incuso, successivamente sostituito dalla foglia di selinos.
Le emissioni monetali di Selinunte possono essere suddivise cronologicamente secondo questi criteri: grandezza del tondello; grandezza della foglia di selinos; comparsa dei globetti (dapprima due poi quattro) indicanti il valore della moneta; comparsa della foglia di selinos sul rovescio dentro il quadrato incuso; comparsa della leggenda “SELI” sulle monete.
Per quanto concerne il sistema metrologico è evidente in Selinunte l’utilizzo del sistema euboico-attico; questo tipo di monetazione adoperato dalla colonia megarese è stato riscontrato anche a Agrigento, Erice, Segesta, Palermo, Gela e Camarina.
Il nominale del sistema monetario selinuntino è il didramma con un peso variabile tra 9,40 gr e 6,60 gr, seguito dall’obolo (da 0,77 gr a 0,31 gr) caratterizzato sul dritto e sul rovescio dalla foglia di apio e da un altro valore simile all’obolo nel peso ma contraddistinto dal selinos sul dritto e da un bocciolo di rosa sul rovescio; infine c’è anche un sesto di litra (da 0,13 gr a 0,06 gr) connotato dalla foglia di apio sul dritto e da due globetti sul rovescio. Per quanto concerne la cronologia delle emissioni monetali selinuntine di epoca arcaica queste sembrano occupare un arco cronologico compreso tra il 540 e il 470 a.C.
Quanto alla foglia di selinos, essa costituisce una presenza costante nella monetazione di Selinunte. Tale simbolo è stato interpretato da alcuni studiosi come un emblema parlante della città senza alcuna valenza; tuttavia l’analisi di taluni documenti numismatici mostra come l’uso del selinos e di altre foglie in genere sia strettamente collegato, sulla moneta, al culto di alcune divinità maschili. In Sicilia, ad esempio, foglie molto simili all’apio compaiono su alcune monete secondarie di Akragas e Katane. Sulle prime la foglia appare in connessione con un granchio animale riconducibile ai culti Heliaci; mentre sulle seconde si accompagna alla testa di Apollo. Questi dati hanno trovato confronto anche in alcune emissioni provenienti dalla Grecia, in particolare nella monetazione di Camiro a Rodi, isola in cui era preminente il culto di Apollo e a Melo dove in alcune monete di V sec. a.C. compare una foglia trilobata (forse una foglia di fico) associata ad un fiore astraliforme.
La connessione tra il culto apollineo e il selinos trova riscontro anche nelle fonti letterarie; infatti scrive Plutarco che i selinuntini consacrarono un ramo d’oro di selinos al dio del fico (Apollo).
L’apio era associato anche a Dioniso nel cui culto era contemplato l’uso di una corona fatta di questa pianta (Teocrito, Idillio III, 23) e a Eracle che fu il primo a cingersi la fronte con una corona di selinos come vincitore; inoltre durante i giochi istmici, per lungo tempo, i serti dati ai vincitori erano fatti con questa pianta.
L’apio tuttavia ebbe anche una valenza sepolcrale; infatti, scrive Plutarco, era usanza diffusa cingervi le steli funerarie. Quest’ultimo dato trova rimando in un pinax locrese raffigurante Ade e Persefone seduti in trono: il dio degli inferi tiene in mano una pianta di selinos la sua compagna regge tra le mani un gallo e delle spighe.
A conferma di quanto sostenuto fino ad ora ci sono anche delle dracme selinuntine di V sec. a.C. che recano sul dritto una testa femminile accompagnata dalla leggenda EURUMEDO (Eurumedo); questo termine è composto da due parole: “EURUS”, spesso usato nei composti per indicare qualcosa di particolarmente grande, e dal verbo “MEDO” che significa “regnare”: quindi la leggenda monetale indicherebbe una divinità femminile “colei che regna grandemente” la quale etimologicamente potrebbe essere associata a quella “Pasicrateia” menzionata nell’iscrizione del tempio G e che alcuni studiosi hanno identificato come Persefone. Ancora degne di nota sono delle litre selinuntine recanti sul dritto una figura femminile che accarezza un serpente e sul retro un toro col volto umano: alcuni studiosi hanno riconosciuto in queste monete Persefone sedotta da Zeus sotto forma di serpente. L’associazione di queste due divinità trova espressione, nella colonia megarese, nel celebre santuario di Demetra Malophoros dove al culto della divinità femminile era associato anche quello di Zeus Meilichios.
Il tipo monetale selinuntino - dice la Carrè - rispecchierebbe così le molteplici caratteristiche di un dio che trova nella foglia di selinos la sua più antica epifania arborea.
Dopo questa breve digressione sulla numismatica selinuntina possiamo ora considerare il ripostiglio di monete d’argento trovato a Selinunte nel 1985. Il deposito è costituito da 165 monete, 4 lingotti frammentari e un piccolo gettone ed è il più antico di tutta la Sicilia.
Le monete sono tutte di periodo arcaico e rappresentano otto diverse zecche. Il tesoretto contiene: due esemplari di terzo di statere provenienti da Metaponto, contraddistinti sul dritto da una spiga d’orzo con foglie alla base, cerchio di perline e la leggenda “MET”; sul rovescio è la stessa spiga fatta ad incuso (cioè impressa sulla superficie); un esemplare di dracma proveniente da Poseidonia. La moneta reca a dritto le leggende “FIIS” e “POSEI” e Poseidone che avanza con la clamide sulle spalle e brandendo un tridente nella mano destra. Sul rovescio vi sono le medesime leggende presenti sul dritto fatte a rilievo, la figura del dritto fatta ad incuso e un cerchio con linee a raggiera in rilievo; tre terzi di stateri provenienti da Sibari recanti sul dritto la leggenda “SU” (Sibari) e un toro stante con testa retrospicente. Sul rovescio una dracma da Himera che presenta sul dritto un gallo stante e un cerchio di perline. Al rovescio un quadrato incuso suddiviso in 4 triangoli in rilievo e 4 incavati circondato da un bordo striato; trentacinque didrammi di Selinunte recanti sul dritto la foglia del selinos e sul rovescio un quadrato incuso diviso in 10, 12 o 8 triangoli databili tra 540 a.C. e 510 a.C. Il numero delle monete selinuntine costituisce meno di un quarto dell’intero deposito. Questa proporzione relativamente bassa di monete locali in un tesoretto siciliano è un evento eccezionale; infatti i depositi monetali trovati nell’isola e ascrivibili all’epoca arcaica sono in genere costituiti esclusivamente da monete coniate in Sicilia. Il quadro della circolazione in relazione all’epoca in questione indica inoltre che le monete coniate nella parte occidentale dell’isola non penetrarono in quella orientale e viceversa. È anche rilevante il fatto che nel tesoretto di Selinunte sono presenti monete magnogreche, dato eccezionale ma facilmente interpretabile considerando la grande attività commerciale intrapresa dalla colonia megarese.
Le monete selinuntine hanno un peso variabile tra 7,65 gr e 9,23 gr e si tratta verosimilmente di didrammi. Alcune di queste monete recano delle particolarità: in una la foglia del selinos si è trasformata in una testa animale, forse una volpe o un pipistrello; in altre si è osservato che la foglia dell’apio è piccola, trilobata e posta su tondelli più spessi: si tratta di esemplari più antichi; in due esemplari invece la foglia del selinos è resa più realisticamente. sono emissioni emissioni più recenti e provengono dalla stessa coppia di coni.
Nel tesoretto sono altresì presenti delle monete greche e precisamente: un tetradramma proveniente da Abdera recante sul dritto un grifo seduto e sul rovescio un quadrato incuso diviso in 4 scomparti; sei esemplari di stateri egineti databili tra 535 a.C. e 520 a.C.; recanti sul dritto una tartaruga marina con fila di globetti sul dorso e sul rovescio un quadrato incuso con disegno non sviluppato; settantuno stateri egineti, una hemidracmma e una dracma databili tra 525 a.C. e 500 a.C., recanti sul dritto lo stesso emblema della serie precedente. Le particolarità di queste ultime monete sono nei particolari che nel secondo gruppo sono resi in maniera più dettagliata e nel rovescio dove compare un quadrato incuso con 8 triangoli incavati..Due stateri egineti, databili tra 510 e 490 a.C., hanno sul dritto la tartaruga e sul rovescio un quadrato incuso con 5 sezioni incavate.
Le 81 monete eginetiche trovate nel tesoretto di Selinunte appartengono tutte alla seconda metà del VI sec. a.C. Rilevante è il fatto che queste monete raramente vengono tesaurizzate nel Mediterraneo occidentale: oltre a Selinunte, solo un deposito trovato a Taranto ha restituito una percentuale analoga: tre dracme corinzie databili tra 560 e 500 a.C., recanti sul dritto Pegaso e sul retro pale di mulino incuse; dodici stateri corinzi databili tra 560 e 500 a.C. con svastica incusa sul rovescio; uno statere corinzio dello stesso periodo delle due serie precedenti con quadrato incuso quadripartito a rovescio; ventitrè stateri corinzi databili tra 515 e 475 a.C. recanti una piccola testa di Athena in un quadrato incuso.
Nel tesoretto erano altresì presente dell’argento non coniato, un gettone del peso di 2,45 gr in argento, inciso con uno scalpello, frammenti di lingotti rettangolari di cui il primo del peso di 303,6 gr graffito; il secondo del peso di 160,3 gr, recante su un lato un marchio raffigurante una tartaruga e il terzo del peso di 597,4 gr, marchiato con uno stampo riproducente una testa maschile barbata; un lingotto a forma di focaccia inciso con scalpello del peso di 420,7 gr , contrassegnato con il simbolo del quadrato incuso.
L’importanza dl deposito selinuntino è straordinaria; infatti esso costituisce l’unica testimonianza per datare l’ingresso in Sicilia di monete arcaiche provenienti dalla Grecia e dalla Magna Grecia.



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