I templi di Selinunte

di Valentina Pinna
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Il Parco Archeologico di Selinunte: acropoli di Selinunte. Sullo sfondo il Tempio CLa città di Selinunte sorge su un promontorio, poco distante dal mare, tra Marsala e Agrigento. Dapprima abitata dai Sicani e poi dai Fenici, fu colonia greca a partire dalla metà (o dalla fine) del VI sec. a. C.
Il parco archeologico di Selinunte è oggi considerato il più ampio ed imponente d’Europa: si estende per 1740 km quadrati e comprende numerosi templi, santuari e altari.
Proprio presso la costa, lievemente spostata verso ovest, vi è l’acropoli, sulla quale sorgono 4 templi: il tempio D, il tempio C, il tempio A, il tempio O.
Su una collina situata ad est della cittadina, più internata rispetto all’acropoli, si innalzano altri 3 templi: il tempio G, il tempio F, il tempio E.
Nella civiltà greca il centro di tutta l’architettura era il tempio, dimora della divinità, del sacro e dell’eterno. Nell’architettura templare greca, le singole parti dovevano contribuire in maniera organica a dare al tutto il senso di ordine, perfezione e immutabilità. Il tempio, sempre rivolto verso oriente, possedeva nella sua parte più interna una cella detta naos, sede della statua del dio, dove avevano accesso solo i sacerdoti; dal prolungamento delle pareti del naos si creava un atrio, che precedeva la cella ed era chiuso nella sua parte anteriore da colonne (pronaos); naos e pronaos erano circondati da colonne che sorreggevano la parte superiore del tempio, infine il tutto poggiava su un basamento detto stilobate.
I templi di Selinunte sono costruiti tutti secondo i canoni dell’ordine dorico, lo stile architettonico greco più antico, le cui caratteristiche principali sono la semplicità e l’essenzialità, che dànno il senso dell’ordine e dell’immortalità divina, contrapposte allla fugacità e al caos del mondo sensibile.

IL TEMPIO C
Tra i più antichi templi dell’acropoli, il tempio C, costruito intorno al 580 a.C., si suppone sia dedicato al dio Apollo. Il basamento su cui si ergeva si innalzava su quattro gradini e lo stilobate misurava 63,76 m x 23,93 m. Il naos, nella parte più interna, era costituito da una cella particolarmente allungata (10,40 m x41,55 m), al centro della quale sorgeva un grosso altare per i sacrifici e in fondo l’“adyton”, quel luogo mistico e nascosto dove era ubicata la statua della divinità. Il pronaos, invece che aprirsi verso l’esterno, era chiuso da possenti mura e da una pesante porta in battenti di bronzo ripiegabili.
L’intero secos (naos, pronaos e opistodomos) era qui ancora molto simile al megaron, la sala principale del palazzo miceneo, dal quale deriva per forma e funzione religiosa; la sua pianta non rispetta fedelmente i tradizionali canoni greci, che prevedevano un naos posto al centro tra un pronaos e un opistodomos, chiusi entrambi da una successione di due o più colonne tra le pareti laterali, prolungamenti delle mura laterali del naos: subito al di fuori del pronaos, nella parte anteriore del tempio, si trovava un ampio porticato, diviso in due spazi uguali da quattro colonne.
Parco archeologico di Selinunte: il tempio EIl tutto era circondato da una peristasi di 6 x 15 colonne, equidistante dalle mura della cella sia nelle parti laterali che in quella posteriore del tempio; mentre nella parte orientale vi si distanziava il doppio per creare lo spazioso pteron (porticato). La distanza di una colonna dall’altra così come il loro diametro variano considerevolmente: alcune colonne sono costituite da sedici scalanature con un diametro di 1,72 m altre hanno invece hanno venti scalanature e un diametro maggiore (da 1,84 m a 2,02 m).
In questo senso, il tempio selinuntino non rispecchia, nel concreto, quella rigorosa attenzione e preoccupazione per l’ordine e la regolarità, tipiche della madrepatria, dando all’intera struttura un anelito di vitalità e movimento più che di immutabile perfezione.
Nel rispetto dello stile dorico, le colonne poggiano direttamente sullo stilobate e i capitelli sono semplici ed essenziali. Tutti i triglifi e le metope hanno la stessa ampiezza; Nelle metope (alcune delle quali conservate nel museo archeologico di Palermo) sono raffigurate in rilievo scene mitologiche e favolistiche. Anche sul triangolo frontonale si trova un rilievo in argilla che raffigura una gigantesca testa di Gorgone digrignante policroma “di cupa forza espressiva, tanto che non manca molto che tutto il tempio, con le sue colonne mosse da una energia vitale, con la sua enorme testa demoniaca, si trasformi in uno sfrenato essere favoloso” (Berwe, Gruben, “Selinunte”, p. 239).

IL TEMPIO D
Il tempio D è, in ordine cronologico, il secondo tempio dell’acropoli di Selinunte: costruito intorno al 560 a. C., mantiene in gran parte le stesse caratteristiche del tempio C.
Il basamento era lungo 55,96 m e largo 23,64 m, innalzato su quattro gradini. Il secos misurava 38,47 m x 9,47 m, quindi quattro volte più lungo che largo, riprendendo lo stile del tempio C. Il pronaos non è chiuso, ma aperto all’esterno attraverso la tipica struttura in antis: le pareti laterali del naos si allungano e poi vengono unite all’estremità da due colonne. A ben vedere, però, nel tempio D, le colonne che chiudono il pronaos non erano due ma quattro: le due colonne esterne erano addossate ai muri del pronaos. Questa struttura non era altro che una traslazione delle quattro colonne che, nel tempio C, dividevano il gran porticato anteriore, creando oltre al portico orientale anche un avamportico: una via di mezzo tra il tipo di pronaos più antico del tempio C e quello dorico in antis, più moderno. Tra il tempio C e il tempio D si possono quindi notare il progresso tecnico e le tendenze di modernizzazione seguite dalla civiltà selinuntina.
La peristasi era formata da 6 x 13 colonne, che insieme con le mura del naos e del pronaos formano quattro portici, dei quali quelli frontali sono leggermente più larghi di quelli laterali (rispettivamente 6,14 m e 4,94 m).
Come accade per tutti gli altri templi, non si sa bene a chi sia dedicato il tempio D: alcuni lo attribuiscono a Giove Agoreo, altri ad Afrodite.

I TEMPLI A ed O
Numerosi studiosi attribuiscono i templi A e O a Castore e Polluce, i due fratelli figli di Leda e l’uno di Tindaro e l’altro di Giove. Polluce ebbe dal padre Giove il dono dell’immortalità e chiese al dio di poterlo condividere con l’amato fratello; Giove, visto il grande affetto che legava i due fratelli, dispose che sarebbero vissuti e poi, insieme, trasformati in due astri: quegli stessi astri che, nello zodiaco, hanno il nome di “Gemelli”.
Selinunte, parco archeologico: resti delle colonne doriche del Tempio FProprio perché dedicati ai due fratelli, il tempio A e il tempio O erano identici: lo stilobate misurava 40,13m x 16,23 m. Il secos rispettava la tradizione greca classica con pronaos e opistodomos in antis e naos al centro. Se la cella comincia ad essere molto meno allungata, come vuole l’architettura moderna, l’adyton è isolato dall’opistodomos, come nelle piante dei templi più antichi. La peristasi era formata da 6 colonne x 14 alte 7,17 m e costituite da sette blocchi e venti scalanature.
Si nota qui, rispetto ai templi precedentemente costruiti, maggiore regolarità e simmetria tra le parti.

I TEMPLI G, F, E
Su una collina ad est dell’acropoli sorgono altri tre templi (G, F, E) a testimonianza dell’ “ansia costruttiva di questa città commerciale” (Berwe- Gruben, op. cit.), che deriva, più che dalla sua devozione religiosa, dal forte spirito di emulazione tipico della civiltà greca.
Il tempio G è il più grande non solo dei templi selinuntini, ma, insieme con l’Olimpico di Agrigento, l’autentico colosso dell’architettura ellenica. Il suo stilobate misurava, infatti, 50,07 m x 110,12 m. Queste enormi dimensioni esprimevano il carattere selvaggio e passionale della Sicilia, ma non si trovavano affatto nella cultura architettonica ateniese, dove era impensabile oltrepassare quella che ormai era stata definita “la giusta misura”.
Il tempio doveva essere stato costruito per i grandi panegirici popolari, che attiravano un’immensa folla. Osservando la particolare struttura del pronaos, si può notare la preoccupazione, da parte dei suoi costruttori, di fornire uno spazio sufficientemente ampio per le processioni che portavano doni alla divinità: al posto delle due colonne in antis, vi era una porta molto ampia fissata sulle pareti laterali e, immediatamente al di fuori, un atrio “prostilo”, lungo due colonne e largo quattro.
Il naos misurava 22,50 m x 69,10 m e con la sua proporzione 1/3 superava, ormai quasi del tutto, l’eccessivo allungamento arcaico. Per la prima volta nella tradizione architettonica siciliana, la cella è divisa in tre navate, quasi della stessa ampiezza, da due file di dieci colonne, grandi 1/3 rispetto a quelle esterne e indispensabili per reggere il tetto di un vano talmente spazioso. L’opistodomos è in antis e si ritiene sia stato costruito successivamente, sul luogo dove, una volta, era posto l’adyton, per adeguarsi allo stile architettonico più moderno. La peristasi era formata da 8 x 17 colonne e la particolare ampiezza dei portici, tipica dei templi selinuntini, era qui maggiormente rafforzata.
Selinunte, collina est: i giganteschi rocchi delle colonne del Tempio G La costruzione del gigantesco monumento durò per lungo tempo, circa un secolo, tanto che, nello stesso tempio, si poteva notare un’evoluzione dello stile selinuntino, che ha portato l’opera ad essere l’espressione di un dualismo architettonico: in parte arcaico e in parte classico. Tale dualismo era maggiormente riscontrabile nelle colonne e nei capitelli: i colonnati est, nord sud-ovest e del pronaos sono arcaici, con colonne snelle alte cinque volte il diametro inferiore di 2,97 m e con un echino panciuto e un abaco enorme (largo 3,91 m e lungo 2,60 m); il colonnato ovest e dell’opistodomos, con i suoi capitelli, seguono invece delle forme appartenenti allo stile classico greco, che nella metà del V sec. si stava ormai rapidamente diffondendo.
Il tempio G, a causa della sua immensa grandezza, non fu mai terminato; tuttavia questo ambizioso progetto dimostra che la civiltà di Selinunte aveva raggiunto una sicurezza e una padronanza tale nell’ambito architettonico, da saper affrontare i non pochi problemi tecnici, propri della costruzione di un edificio dalle vastissime dimensioni, senza esempi o esperienze precedenti nell’ordine dorico.
Il tempio F è posto al centro dei templi G ed E della collina est di Selinunte ed è stato costruito intorno al 530 a.C., immediatamente dopo il tempio C, come si capisce dalla forma particolarmente allungata del suo naos (9,20 m x 40 m) e dalla pianta del secos: un ferro di cavallo con il pronaos chiuso anche nella parte anteriore da grandi porte bronzee e l’adyton in fondo alla cella.
Lo stilobate aveva una lunghezza di 61,84 m e una larghezza di 24,43 m; l’intero basamento, come in quasi tutti i templi di Selinunte, era costituito da quattro gradini.
Tornando alla pianta interna del tempio, immediatamente fuori dal pronaos vi era un protiron, cioè uno stretto corridoio d’entrata e poi un avamportico, i due separati da quattro colonne, che giungono fino a congiungere le terze colonne dei peristili laterali.
La peristasi è formata da 6x14 colonne: queste ultime erano caratterizzate da una sensibile snellezza. La loro altezza (9,11 m) corrispondeva a cinque volte il loro diametro inferiore (1,79 m). Una snellezza eccessiva non solo rispetto ai templi dorici classici (alte 4,6 volte il diametro inferiore), ma addirittura anche rispetto ai primi templi in stile ionico.
Un’altra caratteristica veramente insolita di questo tempio è che gli spazi tra una colonna e l’altra della peristasi erano chiusi da un sottili lastre di pietra, alta 4,50 m e spessa 0,37 m, che assicuravano la segretezza delle cerimonie religiose, che si svolgevano nei portici attorno al secos.
In definitiva, anche il tempio F è l’incrocio tra stili diversi: la pianta con il suo avanportico è di tipo pre-dorico e arcaico, mentre le colonne, le metope e i fregi testimoniano il pieno sviluppo e l’ormai raggiunta padronanza dell’ordine dorico.
Molti storici attribuiscono il tempio F ad Atena, figlia prediletta di Zeus e divinità guerriera, saggia e prudente.
Il tempio E è il più recente dei templi di Selinunte, innalzato tra il 465 e il 450 a.C. Finalmente l’architettura templare selinuntina raggiunge il pieno classicismo, con le sue proporzioni aggraziate, la forte attenzione per la precisione simmetrica e la regolare organicità fra le parti.
Lo stilobate si estendeva per 25,32 m x 67,74 m, quindi era abbastanza ampio rispetto ai templi della madrepatria, la quale poteva contare solo tre templi delle medesime dimensioni: il Partenone, il tempio di Zeus ad Olimpia e un altro tempio costruito a Corinto.
La sua forte simmetricità si nota fin dalla pianta del secos: alla parte anteriore e posteriore del naos corrispondono rispettivamente un pronaos e un opistodomos in antis delle stesse dimensioni. Tuttavia, per non tagliare definitivamente i ponti con la tradizione indigena, fu mantenuto, all’interno del naos, l’adyton, isolato dall’opistodomos attraverso possenti mura e, dal resto della cella, con una porta. L’adyton dà così ancora alla cella quella forma allungata tipica dello stile arcaico selinuntino.
Davanti al muro di fondo è stata trovata una base quadrata con un lato di 1,10 m, circondata da quattro buche scavate sul pavimento, le quali contenevano i supporti per un baldacchino: la base per il piedistallo dove veniva posta la statua di Era, ldivinità alla quale il tempio era dedicato.
La peristasi era costituita da 6 x 15 colonne e le terze colonne dei lati corrispondono alle ante del pronaos, nella parte anteriore, e dell’opistodomos, nella parte posteriore, in un totale accordo tra le parti del tempio, tipico del classicismo. Le colonne erano tutte di uguale dimensione, con venti scalanature e alte 10 m, compreso il capitello.
Sopra le colonne, le metope ritrovate (1,41 m) sono più larghe dei triglifi (0,95 m): era quindi dato loro più valore rispetto a questi ultimi. Circa i rilievi degli altri templi in stile più arcaico, si nota qui una semplicità, una moderazione e una calma nei gesti e nelle figure che è ancora un’ulteriore testimonianza del pieno raggiungimento dell’ordine dorico maturo e dello stile greco classico.



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