Salemi, trimillenaria città del regno elimo

di Gaspare La Torre
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Capeduncola elima al museo archeologico di Salemi, in provincia di TrapaniLa grandiosità del sistema di difesa, pur «arcaico», del popolo degli Elimi poggiava su una serie di caposaldi, di castelli, dominanti sia la Valle del Belice, sia i valichi, per difendersi validamente e contrastare, anche con postazioni difensive notevoli, la penetrazione «dorica» dei Greci di Selinunte, ansiosi di sboccare sul Tirreno, proprio nell'«Emporium Segestanorum», odierna Castellammare del Golfo. . Oltre ai reperti ed alle rovine del Castello di Mokarta (che domina la Valle e che poteva segnalare ogni movimento di truppe e di cavalleria al centro abitato dell'antica Alicia), vari e piccoli insediamenti sparsi (grotte, muratracce ecc.) sulle colline dànno un'idea, pallida, ed un segno dell'abilità e della sagacia dell'antico popolo, la cui capitale politica Segesta doveva sempre, e ad ogni costo, essere difesa e preservata dalle continue puntate ed invasioni elleniche.
L'alleanza ed il trattato tra Alicia ed Atene dimostrano l'importanza della città, la cui funzione strategica era valorizzata al massimo, nel quadro dei centri elimi confederati, tra cui Segesta, Erice, Entella ed Jetas.
Anche se moderni scavi non hanno ancora ben localizzato l'acropoli e l'abitato di Alicia, le vestigia delle sue mura, delle fortezze e dei capisaldi sono segni evidenti della presenza e della straordinaria attività dell'avamposto, che insieme al castello (elimo) di Calatafimi bloccava ogni velleità ed il transito per Segesta ed il suo emporio.
Tuttavia, mentre è auspicabile il riordino e la sistemazione del museo civico e della biblioteca, nei locali dell'ex Collegio dei Gesuiti, non si può fare a meno di rivisitare e di scoprire l'enorme ricchezza ed il patrimonio nascosto dell'antica civiltà, cui la Città deve tanto e che copre ancora oggi, con un manto non più bastevole per assicurarne la migliore protezione e conservazione, immense ricchezze!
Anche se gli sviluppi del tracciato urbano sono stati studiati egregiamente, tuttavia le ricerche storiche ed archeologiche, che dovrebbero essere vicine e parallele, non sono oggi sufficienti per rimuovere quel velo di mistero e di silenzio che ammanta l'antico centro e la città trimillenaria.
Solo un Convegno internazionale di studi, con l'ausilio del mondo della cultura, con la partecipazione attiva dell'Istituto Internazionale di Cultura Ebraica «SLM» di Milano e dei suoi autorevoli membri, può aiutare a scavare nel lontano passato, assieme ai dati più recenti dell’insediamento ebraico e della Giudecca ed anche del Rabbato.
Il cane elimo, uno dei simboli del regno degli Elimi La dominazione sveva, che nella Mole Federiciana ha il suo gioiello più prestigioso che domina assieme alla Città le valli ed il paesaggio, è presente in maniera più evidente ed ha tracce che s'impongono a tutte le altre civiltà. Tuttavia, una ricerca ordinata non può che risalire agli Elimi ed al loro primitivo insediamento-fortezza. La città romanizzata e l'insediamento bizantino, forti nella Vallata dopo la cacciata dei barbari, meritano un'altra riflessione insieme con lavori e studi più profondi, essendo preliminari alle opere della città medievale.
L'attuale tracciato urbano, seppur devastato dal terremoto, presenta le caratteristiche dei centri storici abitati, tra i più insigni dell'umanità, per cui occorre un'opera di tutela e di protezione adeguata, sotto l'egida di organismi nazionali ed internazionali.
Le diverse fasi della conquista, della penetrazione e degli insediamenti sia pacifici che dei conquistatori (bizantini, arabi, spagnoli) non possono prescindere dalla presenza attiva e feconda degli elementi ebraici che, giunti sicuramente in epoca romana grazie all'espansione ed ai rapporti dell'Impero, man mano si affermarono nella vita e nella società del tempo, in un moto parallelo e spesso emulatore col primo cristianesimo, di cui furono anche, in parte, veicolo. Da Lilibeo e dalla costa, sino all'interno, queste ondate migratorie contrastarono ed annullarono i pagani, sino a quel tempo dominatori nella religione e nella società, lasciando i segni di civiltà, in gran parte scomparse, che nell'architettura, nei palazzi, negli stemmi e nelle medesime abitazioni, oltre che nelle opere pubbliche (viarie, ecc.) parlano il linguaggio universale della cultura e dello spirito d'Oriente.
Salemi non è soltanto l'antica Alicia che, dall'alto dei Colli, fa capolino sulla storia dell'uomo e della civiltà della Sicilia, ma rappresenta una sintesi sublime e misteriosa, un coacervo essenziale di popoli, di culture e di civiltà mediterranee ed orientali: fuse! L'intelligenza e l'acutezza del suo popolo, insieme alla bellezza ed ai tratti incomparabili delle sue donne, sono il risultato evidente dei «geni» che si tramandano e si trasferiscono, non solo somaticamente, negli individui e nella gente, ma riemergono nei caratteri del popolo, dopo secoli e secoli di mutazioni e di sovrapposizioni umane, civili e materiali.
Oggi i palazzi patrizi e baronali dei nobili sono, in gran parte, in decadenza o semiabbandonati, mentre i conventi, i collegi e le chiese, avendo subìto un'ondata avversa, peggiore del dominio dell'est, sono stati sommersi dalla barbarie dell'ultimo cinquantennio. Le stradine silenziose, la strada mastra con botteghe artigiane, palazzi e case, negozi, una volta pieni di vita e di fervore, non costituiscono più quel circuito naturale che cingeva, armoniosamente, l'intero abitato, con gemme di monumenti, di quadri, di preziosi, di sculture, conservati in ogni luogo laico o religioso, ma soggiacciono al capriccio dell'uomo.
Analizzando l'attuale sviluppo, che avviene fuori e all'esterno dell'antica città, non si può non osservare la «varietà» ed il disordine dei poli costruttivi, che non hanno mai costituito una nuova «città» moderna. Forse l'anima dell'antica Alicia o del ghetto ebraico o dello stesso Rabbato vigilano nei secoli e nella storia, non solo per rivendicare, in silenzio ed in disparte, un ruolo unico ed irripetibile, ma per rimanere esempi di civiltà, che attendono di essere, finalmente, valorizzati.



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