La necropoli di Pantalica

di Rosalba Scalabrino
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PantalicaÈ fonte di meraviglia per il visitatore scoprire che la Sicilia non è solo quella che si ammira nelle sue forme più note, fatte di spiagge, mare e colline ondulate, attraversate da strade panoramiche e tappezzate dai colori della terra. Esistono angoli poco frequentati, lontani dal traffico e dalla civiltà, ancora incontaminati, ma non per questo meno attraenti per il turista più curioso, più attento ai particolari di una natura che offre un’inaspettata varietà di luoghi e percorsi.
Ancor più ricco appare il patrimonio naturale dell’isola quando questo si sposa con i resti delle civiltà lontane: così anche dagli spazi silenziosi della Sicilia orientale si apre un recondito richiamo, tanto più misterioso quanto più si perde nel tempo, in epoche poste agli albori della storia delle civiltà.
Non sono infatti solo gli Etruschi, i Greci e i Romani a connotare la storia più antica della nostra penisola, ma anche popolazioni originarie, perciò dette “italiche”, che hanno lasciato tanti interrogativi sulla loro antica presenza, ma pure alcune tracce visibili a studiosi e osservatori.
Visitare la necropoli di Pantalica, posta a nord est di Palazzolo Acreide (antica Akrai) non equivale soltanto a compiere un’escursione di un sito archeologico, perché del tutto singolari sono le sue caratteristiche. È un luogo in cui una storia lontanissima si fa natura, in cui l’archeologia si fa ascolto e osservazione silenziosa dell’antica presenza dei popoli. Poco importa se le notizie sui Siculi e sui Sicani, vissuti in Sicilia orientale fin dalla preistoria, sono scarse per ottenere una visione chiara della città esistita tra XIII e VIII secolo a. C.; anzi, l’assenza di dati certi e numerosi accresce la curiosità, le ipotesi, gli interrogativi, il desiderio ed il piacere di investigare, anche solo con lo sguardo, i perché e i come di quelle ripetute quanto suggestive costruzioni: le necropoli.
Molto tempo prima che i Greci approdassero sull’isola a consacrarne la storia, lo sviluppo commerciale e culturale, essa era abitata al suo interno da popoli che ai litorali lambiti dal mare preferivano, o furono “indotti” a scegliere, le regioni più interne. Tra l’inizio della storia e l’unificazione sotto il dominio di Roma molte genti costituivano, accanto agli Etruschi, ai Fenici e ai Greci, le civiltà italiche. È così che oggi possiamo ammettere l’esistenza di popoli la cui conoscenza è ancora in corso di costruzione perché solo di recente si è imposta all’attenzione degli studi. Certo è che, nel panorama in fieri di queste culture italiche, ove i Siculi vanno collocati, le manifestazioni culturali e artistiche più frequenti ed evidenti sono proprio quelle funerarie, legate per lo più alle tombe e ai corredi funebri.
La visita di Pantalica può avere come punto di partenza la cittadina di Ferla, da cui si dipana prima un tragitto percorribile in macchina attraverso una progressiva salita in curve panoramiche, poi il percorso a piedi da una piazzola di sosta presso l’antico ingresso della città (sella di Filiporto). Da qui si intravvedono tracce dell’antica fortificazione e si intraprende il cammino che porta ai resti di epoca bizantina e al fondovalle.
Già durante la salita in macchina si possono osservare queste strane e suggestive cavità che costellano le pareti calcaree a strapiombo, quindi ci si immette a piedi su alcuni sentieri che conducono, con sorpresa, a vere e proprie “isole” dove la natura e la storia mostrano i loro tratti più attraenti e misteriosi.
Necropoli di Pantalica - SiracusaLo sguardo viene immediatamente catturato dalle grotte di forma quadrata o rettangolare, dal perimetro incredibilmente squadrato e con le cavità oscure, fittamente collocate le une sopra e accanto alle altre, arrampicate sulla roccia, in punti che sembrerebbero, a prima vista, inaccessibili al passaggio umano.
Mentre tra il giallo delle piante ed il nero delle cavità si assaporano il silenzio ed il contrasto dei colori, quando sembra tutto un alternarsi di grotte e di vegetazione, seguendo il sentiero in direzione discendente verso valle, scopriamo a pochi passi da noi il protagonista o l’artefice principale di questo angolo naturale unico ed incontaminato: l’Anapo.
Quasi improvvisamente dal groviglio di alcune piante a lungo stelo si apre il corso del fiume millenario che col suo affluente, il Calcinara, ha eroso le rocce calcaree fino a darne la caratteristica struttura a cave, ovvero con le grotte che si aprono su pareti erte a strapiombo sulla valle.
Qui, sotto archi naturali di roccia e vegetazione, alcuni viaggiatori sistemano le loro tende, chi per studiare l’ambiente circostante, chi per gustare la tranquillità che è data da un luogo poco frequentato, pressoché nascosto, dove alla calura estiva si contrappone l’ombra del fondovalle e il refrigerio delle acque pungenti del fiume.
Così ci si può persino immergere nell’unico corso d’acqua di Sicilia con una portata considerevole, nell’antica “perla di Siracusa” che impreziosisce le campagne rigogliose di una città al centro dell’epica storia dell’isola.
La vitalità di quest’area ha inizio perciò proprio nell’azione erosiva dell’Anapo che ha prodotto pareti a strapiombo, su cui gli ominidi del Paleolitico e del Neolitico hanno ulteriormente scavato le grotte naturali, prime dimore dell’uomo, luoghi di riparo, poi riutilizzate come tombe dagli abitanti della successiva civiltà di Pantalica. Preistoria e protostoria si sovrappongono nel buio di queste cavità, antichissimi luoghi abitativi successivamente divenuti necropoli: le grotte sono più di cinquemila e sono state suddivise in gruppi in base al periodo di appartenenza, compreso tra il XIII e l’VIII secolo.
Degli ominidi che hanno calpestato queste zone nessuna traccia significativa rimane a causa del tempo, dei riutilizzi di epoca storica e forse anche di trafugamenti avvenuti nelle grotte stesse. Più probabili invece le ipotesi riguardanti la città che, come mostra l’anaktoron (palazzo del wanax=monarca) risalendo verso l’altro versante, era retta da una monarchia già tra la fine del II ed il I millennio a.C.: Pantalica, fondata su di un pianoro oggi accessibile dal territorio circostante attraverso il passaggio sul lato sud-occidentale, risultava difesa dalle alte pareti e da un profondo fossato laterali, mentre attorno si aprivano le tombe a grotticella. Fondata dalle popolazioni indigene che sfuggivano alle invasioni di altri popoli peninsulari, probabilmente venuta in contatto con la non lontanissima civiltà micenea, Pantalica assistette poi all’arrivo dei Greci, destinati ad insediarsi stabilmente su quella parte dell’isola. Il sito, oggetto di studio in particolare di Paolo Orsi e Bernabò Brea, può essere non solo ammirato nelle sue suggestive e singolari fattezze, ma anche “ricostruito” attraverso i reperti conservati al museo archeologico di Siracusa, dove sono riposte le ceramiche dei corredi funebri rinvenuti nelle tombe.
La visita della Riserva naturale di Pantalica (dall’arabo Buntarigah=grotta), valle dell’Anapo e torrente Cava Grande non esaurisce le possibilità che offre la provincia di Siracusa ma indubbiamente costituisce un esempio unico di suggestione archeologica e paesaggistica, dove si fonde l’artificio umano con il lavoro millenario della natura e dove solo curiosità e spirito d’avventura possono esplorare quanto è custodito in questo angolo dell’entroterra siciliano.



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