Alla ricerca di Drepanum

di Maurizio Vento
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Falce antica di Trapani (Drepano)

Nella notte dei tempi, prima ancora che in Sicilia fossero approdati gli Elimi, i Fenici e i Greci, come attesta la ricerca storica, si era insediato alle falde del monte Erice un villaggio dei Sicani in un sito che non corrisponde all’attuale ubicazione della città di Trapani.
Si trattava, come è probabile, di poche case sparse in pianura, dove veniva praticata l’agricoltura, mezzo primario di sostentamento per i Sicani che si andavano sostituendo ai paleolitici, abitatori delle numerose grotte esistenti lungo le pendici ericine e consumatori di quanto spontaneamente avesse prodotto la terra nei lussureggianti boschi, che ricoprivano allora quelle contrade, o di quanto avesse offerto ad essi la caccia praticata con mezzi rudimentali. L’incapacità di coltivazione e l’arretratezza culturale avrebbe in seguito determinato la progressiva scomparsa di questi cavernicoli.
Tale era la situazione alla vigilia dell’arrivo degli Elimi che sarebbero qui giunti dall’Anatolia in due successive migrazioni, una antecedente e l’altra posteriore alla conclusione della guerra di Troia (1184 a.C.).
I loro centri principali erano Segesta, Entella ed Erice, di cui l’antica Drepano divenne il porto; altre località del loro insediamento erano Alicia (Salemi) ed Jetas (nell’odierno territorio di San Cipirello e di San Giuseppe Jato).
La Trapani sicana sarebbe rimasta per alcuni secoli un agglomerato di case sparse e luogo di rifugio e di approdo per natanti di modeste dimensioni.
Soltanto parecchio tempo dopo, al sopraggiungere dei Fenici, ebbe luogo la vera fondazione della città. E, per certi aspetti, è come se proprio allora fosse nata Drepanon, così poi chiamata in quanto il suo toponimo sicano (Drapano), attribuito ad essa dal nome di un fiume (forse il torrente ora denominato Xitta) che sfociava in quel sito, assumeva casualmente nella lingua greca il significato di falce, corrispondente per mera coincidenza anche alla forma del luogo.
Trapani, foto panoramica con la falce attuale Imprendibile roccaforte cartaginese durante la prima guerra punica (264-241 a.C.), Trapani dopo la battaglia delle Egadi passò sotto la dominazione romana, ma il suo ruolo fu ridimensionato dai nuovi occupanti, che confiscarono ai residenti le proprietà terriere, trasferendone la gestione a propri diretti rappresentanti. Miglior sorte toccò invece ad Erice, nei cui perimetro sorgeva il celeberrimo tempio di Venere, già prima di Astarte e Afrodite, dove accorrevano i marinai dell’intero Mediterraneo per godere dei favori delle sacerdotesse (pare se ne contassero circa cinquemila) secondo l’antico costume orientale introdotto dagli Elimi.
Gli scavi effettuati in passato a Trapani, mirati alla ricerca archeologica o il più delle volte compiuti per le fondazioni di nuovi edifici, non hanno mai portato al rinvenimento di reperti antecedenti al trascorso millennio, il che fa ritenere che l’ubicazione stessa di Drepanum non coincide né si identifica con l’attuale sua posizione. Sola eccezione una statuetta votiva in bronzo di Nettuno che, secondo la notizia riferita da uno storiografo locale, sarebbe venuta casualmente alla luce nel 1770 durante lavori di risistemazione delle fondazioni della “Parrocchial Chiesa di San Nicolò”: su tale porzione di territorio, allora isolata dal mare circostante, ci sarebbe stato infatti un tempio del dio pagano, in un’area comunque periferica, alquanto lontana dall’antica Drepanum.
La presenza degli innumerevoli acquitrini, riscontrabili anche fino a pochi decenni addietro in varie aree della zona, era tale del resto da precludere la formazione di un autentico nucleo di case; ed è perciò verosimile l’ipotesi, già formulata da Giovan Francesco Pugnatore nel 1595, confermata da Giuseppe Maria Di Ferro nel 1825 ed accreditata mezzo secolo addietro dallo storico Carmelo Trasselli, secondo la quale la topografia dei luoghi sarebbe stata in passato ben diversa da quella contemporanea e un vastissimo golfo di Trapani si sarebbe esteso, all’alba della civiltà, fino all’odierna frazione di Xitta. Con la conseguenza che la vecchia “falce” non era in quei tempi quella che oggi conosciamo terminante con la Torre di Ligny, ma si protendeva in una direzione diametralmente opposta, con la punta rivolta non verso il mar Tirreno ma verso il Mediterraneo.
Compito degli archeologi è dunque quello di identificare il sito della città che frequentarono Elimi, Fenici, Greci e Romani. Un’attenta campagna di scavi, ad oriente della strada che da Xitta conduce a Paceco, in un virtuale allineamento con la contrada ericina dell’Argenteria, potrebbe forse far riemergere, dopo due millenni, le gloriose vestigia di Drepanum.




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