Arte recuperata e archeologia perduta

di Maurizio Vento
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La rivista Il CarabiniereProsegue con crescente successo ed è oggetto di convinta considerazione e di meritato riconoscimento l’apprezzata attività di prevenzione, di indagine e di ricerca svolta in modo infaticabile dal Comando Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri, un team di militari accuratamente specializzati che fin dalla sua originaria istituzione (1969) ha contrastato ed arginato il depauperamento del territorio operato da tombaroli e da trafugatori del patrimonio archeologico ed artistico italiano, pervenendo inoltre al recupero di statue, di quadri e di manufatti di incalcolabile valore, trasferiti in varie città del mondo per ignobile iniziativa di organizzazioni malavitose e di antiquari privi di ogni scrupolo. L’individuazione delle opere rubate, incautamente acquistate all’estero da prestigiosi ma disattenti musei o da facoltosi ma irresponsabili cittadini privati, ne ha permesso il rientro in patria a conclusione delle laboriose trattative, degli accurati accertamenti e delle puntuali documentazioni prodotte con lodevole tenacia dall’Arma benemerita.
Il Paese, come è noto, è purtroppo assai carente di materie prime e la ricchezza nazionale si fonda perciò soprattutto sui beni paleontologici, archeologici, artistici e storici che, collegati al flusso turistico, ne supportano lo sviluppo economico. Ne deriva che la tutela di questi autentici tesori, che non hanno eguali al mondo, costituisce un compito primario ed irrinunciabile devoluto dalla legge a quell’amor patrio che è una nota distintiva dei nostri carabinieri. Recenti operazioni, come quella concernente la Venere di Morgantina, hanno fatto coniare il motto di “Sicilia ritrovata” con vasta eco sulla stampa nazionale ed estera. Il numero di aprile della bella rivista “Il Carabiniere”, diretta dal giornalista tenente colonnello Roberto Riccardi, reca in copertina il Cratere di Eufronio (capolavoro del V secolo a.C.); al suo interno, alle pagine 24, 25, 26 e 27, si susseguono vari articoli splendidamente illustrati. “Odissea di un capolavoro”, a firma di Massimiliano Croce, riguarda il ritorno in Italia del citato cratere, tesoro dell’arte greca trafugato nel 1971 in una tomba nei pressi di Cerveteri. Un successo - recita il sottotitolo - tutto italiano, che ha visto coinvolti i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale.
Nel suddetto servizio c’è l’attenta ed interessante ricostruzione delle fasi che hanno portato all’identificazione del prezioso manufatto, ma si sottolinea anche che in ambiente scientifico le argomentazioni sulla vicenda fanno emergere tuttavia un profondo senso di rammarico, riconducibile alla consapevolezza che il vaso non potrà più restituirci un elemento imprescindibile: il contesto storico di ritrovamento. Oggi, infatti, l’indagine archeologica, divenuta scienza autonoma, si fonda - come scrive Massimiliano Croce - su tre necessarie fasi: l’acquisizione dei dati attraverso la ricerca sul campo; l’ordinamento degli stessi mediante confronti e classificazioni; la loro interpretazione per l’elaborazione di un quadro storico complessivo. Ognuna di queste fasi non avrebbe valenza scientifica senza il supporto delle altre. Purtroppo gli scavi clandestini - sottolinea Croce - hanno letteralmente depauperato Cerveteri: la città antica, estesa per più di 150 ettari e giunta integra attraverso i secoli, fu depredata soprattutto durante gli anni Sessanta. I tombaroli cancellarono contesti di inestimabile valore per la ricostruzione storico-culturale della più grande necropoli dell’Etruria. «Il vaso di Eufronio, dunque, rientra - a giudizio di Croce - nella casistica di quegli oggetti che, per il luogo e le modalità del loro rinvenimento, hanno perduto la possibilità di essere inseriti nel proprio contesto d’origine, aggiungendosi a quella miriade di reperti archeologici italiani sparsi nei maggiori musei del mondo, reperti che, privati di questa componente tanto importante ai fini della ricerca scientifica, a poco o a niente serviranno per l’acquisizione di fondamentali conoscenze storiche: è inevitabile, a proposito di simili opere, parlare di arte recuperata, ma anche di archeologia perduta».
Di rilevante richiamo è il parere del generale Giovanni Nistri, al vertice del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, il quale a pagina 26 della rivista si sofferma con dovizia di argomentazioni sui crimini archeologici e sulle attività di prevenzione operate dal nucleo da lui diretto, mediante abituali sorvoli e assidui pattugliamenti nelle aree, anche marine, particolarmente esposte agli scavi clandestini.
Sicuri di essere interpreti dei sentimenti di gratitudine della popolazione per l’opera svolta dai Carabinieri nella salvaguardia del patrimonio culturale nazionale, ci auguriamo che questa loro attività venga ulteriormente incentivata e sostenuta con una legislazione appropriata la quale valga a scoraggiare maggiormente coloro che, malgrado tutto, si ostinano nell’oscurità della notte a sottrarre all’Italia quanto durante i secoli e i millenni è stato custodito nelle viscere della terra e quanto si conserva nei musei e nelle innumerevoli città d’arte.



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