Il cavallo di Troia nella leggenda e nella storia

di Maurizio Vento
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Il cavallo di Troia in TurchiaIl leggendario cavallo di Troia non appartiene forse al mondo del mito, come si credeva finora. ma a quello della storia.
Le più recenti scoperte archeologiche e gli studi compiuti dagli esperti hanno dimostrato, in maniera pressoché inconfutabile, la veridicità della guerra che gli Achei condussero contro la città anatolica. Già gli scavi ad Hisarlik, ispirati dalla descrizione omerica, avevano portato alla luce l'antica Ilio, identificata ora definitivamente con il VI strato sulla base dei più recenti reperti e raffronti del materiale ceramico che hanno confermato le precedenti intuizioni del tedesco Dorpfeld già a torto contestate negli anni Trenta dall'americano Blegen, il quale aveva erroneamente ritenuto che la Troia iliadica andasse ricercata nello strato VII A, nella città cioè delle catapecchie e degli orci di conservazione interrati nei pavimenti delle case.
Bene hanno fatto comunque i Turchi a non rimuovere i vecchi cartelli indicanti i vari strati delle rovine di Truva. Troia VI sarebbe stata infatti danneggiata da un terremoto durante l'assedio dei Greci, e questo evento naturale avrebbe favorito la successiva conquista della città e la sua distruzione mediante incendio. In tale evento il cavallo di legno della tradizione avrebbe avuto la sua parte: o come macchina bellica per abbattere le mura simile a quella raffigurata (proprio a forma di cavallo) in un bassorilievo assiro a noi pervenuto o quale simulacro di culto secondo le credenze allora diffuse circa la sacralità dei cavalli, introdotti in Asia Minore dagli Ittiti, essendo stati in epoca precedente conosciuti ed usati nella regione soltanto gli asini. Del cavallo, utilizzato con il carro da guerra, si servirono appunto gli Ittiti per le loro conquiste territoriali. Come ha scritto M.A. Levi, la comparsa di questo animale in Anatolia deve avere determinato terrore e meraviglia che si espressero, nel mondo antico, con forme di culto e divinizzazione equina. Ecco perché i Troiani si lasciarono ingannare dal racconto di Sinone e decisero di trascinare dentro le mura il «mostro fatale», improbabile dono votivo dei Greci. L'orribile morte di Laocoonte e dei due figlioletti venne interpretata infatti come divina punizione per l'asta da lui scagliata contro il «sacro legno».
Il cavallo si erge ancora, nella ricostruzione compiuta dai Turchi, «instar montis» (così scrisse Virgilio nel II libro dell'Eneide), cioè simile ad un monte, e non sappiamo se, come accadde tremila anni addietro, è stato per esso adoperato legname di varia provenienza (abete, rovere, acero, pino). Ma, oltre agli scavi di Hisarlik, ad attestare, lo accennavamo all'inizio, la veridicità storica della guerra di Troia, ci sono anche le contemporanee tavolette ittite di Hattusas, in cui si parla di rapporti con Alaksandus (Alessandro, il Paride troiano) ed è stata reperita una lettera di Hattusilis III (1265·1235 a. C.) ad Agamennone, re degli Ahhiyawa (gli Achei, secondo la versione omerica). Il prezioso archivio del ministero degli esteri ittita potrà fornire in futuro altre conferme.



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