La basilica paleocristiana di S. Miceli a Salemi

di Giuseppe Stabile
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Basilica paleocristiana SalemiIn Sicilia la documentazione relativa al mosaico paleocristiano è abbastanza carente sia per la mancanza di scavi sistematici sia per i danni provocati dai lavori agricoli. A causa di questa situazione i pochi esempi giunti a noi rivestono un’importanza eccezionale e tra questi spicca quello della basilica di S.Miceli trovata a Salemi.
L’edificio fu scavato da Antonino Salinas e venne pubblicato da Biagio Pace. La chiesa, suddivisa in tre navate, presenta un’abside sul lato ovest e un narcete su quello est; ebbe inoltre una destinazione funeraria come testimoniano le numerose tombe trovate sul pavimento.
Lo scavo ha messo in luce tre fasi contraddistinte, dalla più recente alla più antica, con le lettere A, B e C.
Fase A i resti relativi alla fase più recente della chiesa sono molto scarsi. L’elemento più interessante è costituito da un frammento musivo trovato nella metà orientale della navata centrale recante l’iscrizione latina “...MPORIBUS ...NTIFICIS PATRIS EPISC... ...OMINUS DO... ...NORIS F... ...IOLI CE...”. L’epitaffio contiene forse l’allusione a un [p]ontificis patris episc[opi]. Sulla base delle caratteristiche architettoniche dell’edificio il Pace attribuì questa fase al VI sec. d.C.
Fase B Questo secondo momento della basilica è caratterizzato da un altro pavimento musivo che è stato scoperto sotto il mosaico con l’iscrizione latina: esso è caratterizzato nella sua metà occidentale da uno schema geometrico di ottagoni e quadrati contenenti motivi floreali stilizzati e nella sua metà orientale da quadrilateri irregolari intervallati da losanghe; questa parte del pavimento ospita inoltre cinque iscrizioni musive di cui quattro greche e una latina che recano i nomi di probabili benefattori della chiesa: Kobouldeos e Maxima, Zosimos, Saprikios, Makarios e Dionisius.
Sulla prima epigrafe si legge “Kobouldeos e Maxima sciolsero il voto per la salvezza dei loro figli”. Particolarmente interessante è il nome Kobouldeos molto diffuso nelle comunità cristiane dell’Africa settentrionale e significa “Quod vult Deus”. Ciò a mio parere testimonia che compagini africane in epoca tardo-romana erano ancora presenti nella parte occidentale dell’isola e che probabilmente contribuirono alla diffusione del cristianesimo in queste zone.
La seconda iscrizione dice “Il presbitero Macario per la salvezza di Kobouldeos”. La tipologia dell’iscrizione sembrerebbe essere funeraria ma a causa della perdita dei dati stratigrafici non si può affermare ciò con certezza. Questo frammento di mosaico è comunque riferibile ad un restauro; quest’ultimo, secondo Pace, potrebbe essere riferibile o alla tomba di Kobouldeos costruita dal presbitero Macario oppure ad un restauro del pavimento voluto da Macario per onorare la memoria del fondatore della basilica (Kobouldeos?).
Nella terza iscrizione si legge “Ricordati, Signore, del tuo servo Sapricio” Il nome presente nell’epitaffio viene da greco “sapròs” “putrido” ed è un nome abbastanza diffuso tra i primi cristiani che per umiltà adoperavano nomi dispregiativi. Secondo il Pace sia quest’iscrizione che quella di Zosimos erano di natura funeraria mentre per il Salinas erano invocazioni alla comunità. Secondo me la prima ipotesi è quella più probabile; infatti nel testo sembra riscontrarsi una precisa volontà da parte del fedele di affidarsi sul punto di morte alle mani di Dio.
L’unica iscrizione funeraria certa è quella di Dionisius che dice “ Il presbitero Dionisio visse in pace 55 anni”.
Questa seconda fase è ascrivibile al V sec. d.C.
Sia l’associazione di mosaici e di iscrizioni funerarie sia i nomi presenti nelle epigrafi sono di origine nord-africana. La qualità meno elevata del pavimento della basilica di Salemi tradisce tuttavia una fattura locale che si servì di modelli africani circolanti a quell’epoca nel Mediterraneo occidentale.



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